Ciao a tutti, sono Davide Tezza: sono un architetto e 3D Artist.
Da circa sei anni mi occupo principalmente di visualizzazione architettonica come libero professionista dopo aver accumulato oltre sette anni di esperienza in diversi studi di architettura, ricoprendo via via ruoli sempre diversi (tirocinante, progettista/architetto/designer, model maker, visualizer ecc.)
Negli ultimi anni la mia attenzione si è rivolta maggiormente verso la progettazione e produzione di immagini digitali di alta qualità per l’Architettura e l’Interior Design e, in particolare, di immagini con finalità commerciali o promozionali, soprattutto per quanto riguarda il settore dell’arredamento e del design.
I primi approcci con il 3D risalgono ai tempi dell’Università a Venezia (2003-2009) dove, da autodidatta, ho iniziato ad utilizzare SketchUp e V-Ray raggiungendo negli ultimi anni risultati soddisfacenti (…a mio avviso, ovviamente, però lascio siano gli altri a giudicare!).
Un anno fa, seguendo i consigli di colleghi e amici, ho deciso di affiancare a questi tools uno strumento più versatile come Cinema 4D: attualmente, infatti, utilizzo Cinema 4D e Corona Renderer per i miei lavori.
Per la realizzazione del concept “Norwegian Home” ho adottato, in prima battuta, un approccio più architettonico, partendo cioè da alcuni semplici schizzi su carta e da alcune immagini di riferimento (raggruppate in una sorta di moodboard) per poi sviluppare via via l’idea durante gli step successivi.
L'idea alla base del concept era quella di lavorare sulla distribuzione degli spazi della zona giorno: in questo caso, disporre in successione gli ambienti principali come il soggiorno (L), la sala da pranzo (D) e la cucina (K) mi avrebbe permesso di ottenere una continuità spaziale ma soprattutto visiva, dando la possibilità all’occhio di spostarsi da una stanza all'altra creando un effetto complessivo di uno spazio interconnesso.
Un semplice ragionamento è stato fatto anche per quanto riguarda le aperture fra le tre stanze, ipotizzando già in questa fase dei punti di vista interessanti (da verificare poi durante la modellazione) e una palette di colori di base da cui attingere.
Per quanto riguarda la prima parte di modellazione, ho iniziato modellando l’involucro ovvero le pareti e le chiusure orizzontali (pavimento e solaio) per poi passare alla parte visibile delle finestre (puro e semplice box modeling); il pavimento è composto da lastre di cemento lisciato perciò, dopo averne deciso le singole dimensioni, ho creato delle semplici istanze e posizionato le lastre in modo “casuale”: per aumentare il realismo, alcune lastre sono state spostate verso l’alto o verso il basso di qualche millimetro in modo da ottenere un pavimento non troppo uniforme; infine ho applicato un Bevel alle lastre per arrotondare un po’ gli spigoli.
(Per gli utenti di Cinema che hanno Mograph, tutte queste operazioni saranno più veloci e/o scontate: io purtroppo non avendolo a disposizione ho dovuto gestire questi aspetti da me, impegnato un po’ più di tempo ma avendo il controllo totale sull’effetto finale che volevo ottenere).
Inoltre, durante questa fase, ho cercato il più possibile di tenere come riferimento gli schizzi di partenza: in questo caso, per quanto riguarda il posizionamento della camera, mi sembrava più interessante il secondo punto di vista che avevo riportato negli schizzi: a differenza della classica prospettiva centrale, riesce a dare qualche informazione in più circa la conformazione delle stanze e crea una specie di asse di centrale che spesso caratterizza alcune mie immagini.
Nella seconda fase di modellazione ho aggiunto man mano tutti i particolari della scena, inserendo qualche modello scaricato online, altri modelli già ricreati precedentemente da me tempo addietro (per prendere dimestichezza con Cinema) e, quando necessario, modellando alcuni elementi da zero: in questo caso sono partito da un semplice box modeling per poi agire con i vari generatori e deformatori fino ad ottenere l’effetto desiderato: nulla di troppo complicato.
Oltre a riempire la scena, mi sono soffermato molto sulla composizione delle singole immagini e sul posizionamento degli oggetti: nessun oggetto della scena è posizionato casualmente ma tutto segue delle regole di composizione che ogni buon 3D Artist o visualizer sicuramente avrà fatto sue in base alle proprie esperienze, al suo stile ed alle inclinazioni personali.
Per quanto riguarda i materiali, anche in questo caso, nella scena non ho inserito nulla di particolarmente complicato: la maggior parte dei materiali hanno caratteristiche normali (canali diffuse, reflection, bump ecc.) fatto salvo i vetri, i liquidi o altri materiali particolari (come la cera delle candele) che ovviamente hanno anche altri canali attivi (es. traslucency, refraction, volumetrics).
Per un ottenere un lavoro di qualità consiglio sempre di usare texture sufficientemente grandi e dettagliate ma di utilizzare solamente i canali che producono effetti tangibili sul materiale per evitare di aumentare inutilmente i tempi di rendering con un displacement quasi impercettibile.
Un aspetto fondamentale, per quanto mi riguarda, e che necessita di uno studio più attento è sicuramente l’illuminazione della scena: in questo caso ho realizzato una versione diurna e una versione serale a partire dallo stesso punto di vista, modificando leggermente gli elementi presenti in scena.
Per quanto riguarda la scena diurna, volevo ottenere una luce morbida, non troppo forte e che non appiattisse troppo gli elementi presenti.
(Non amo le scene troppo luminose: con il tempo ho imparato, e sto imparando ancora, ad apprezzare le scene poco illuminate dove anche le ombre degli oggetti entrano nella composizione e danno spessore all’intera composizione).
L’illuminazione globale è un semplice Corona Sky: per controllarne l’effetto e verificare i vari settings della Corona Camera (es. Exposure, Bloom and glare, DOF) generalmente realizzo dei clay render molto veloci prima di lanciare la vista definitiva.
Eventuali correzioni o aggiustamenti di colore dello spettro luminoso (e quindi sul mood dell’immagine) li gestirò in un secondo momento agendo nel tab “Post” direttamente nel Corona VFB.
Per l’immagine serale invece, il procedimento è analogo ma con qualche piccola modifica.
Per l’illuminazione globale ho utilizzato un Corona Light Material con un HDRI (nello specifico, un semplice cielo all’imbrunire) a cui ho modificato l’esposizione nel Material Editor per aumentare il suo contributo alla scena e far uscire maggiormente la sua componente blu.
Successivamente ho iniziato ad inserire le fonti luminose nella scena valutando singolarmente il loro effetto sulla scena (sempre utilizzando dei clay render).
Per la luce a sospensione sopra il tavolo, ho utilizzato una Corona Light di tipo “Object” a forma sferica: suggerisco di non esagerare sull’intensità ma di far riferimento sempre alla situazione reale (in termini di W, lm o temperatura colore) e cercare di riprodurre quelle condizioni attraverso i parametri di Corona.
Per la luce sottopensile, invece, dopo aver modellato la scanalatura sulla mensola e la relativa barra luminosa, ho applicato a quest’ultima un semplice Corona Light Material, senza esagerare troppo con l’intensità per non avere aree troppo bruciate nell’immagine finale o che riflettessero troppo distogliendo così l’attenzione.
Una volta trovata un bilanciamento soddisfacente, dopo aver attivato il Multi-pass di Corona (ed in particolare il pass di Interactive LightMix e selezionato le fonti luminose che intendo controllare singolarmente) lancio finalmente il render definitivo. Anche in questo caso, potrò intervenire nel Corona VFB anche in un secondo momento per eventuali piccoli aggiustamenti di colore o intensità dello spettro luminoso di ogni singola luce presente nel tab “LightMix” senza dover rilanciare nuovamente il render.
Infine, l’ultimo passaggio del workflow è dedicato alla post-produzione: l’ampio controllo a disposizione direttamente dal Corona VFB permette di ottenere già delle buonissime basi di partenza per la post-produzione. Attualmente sto cercando di effettuare meno post-produzione possibile, evitando di correggere troppo l’immagine durante la post (specialmente se ci sono più scene all’interno dello stesso set su cui sto lavorando) ma, al contrario, cercando di ottenere già in partenza risultati soddisfacenti lavorando fin da subito, come detto precedentemente, sulla resa di luci e materiali.
Generalmente cerco sempre di controllare il bilanciamento generale ed accentuare (quando serve) il contrasto o la saturazione dell’immagine.
Ovviamente non ci sono dei settings predefiniti: ogni scena va studiata ed analizzata da sé in base al mood che si vuole ottenere e alla storia che si vuole raccontare attraverso le immagini. Per l’immagine serale, ad esempio, ho aggiunto delle impronte digitali sui bicchieri: di solito non inserisco persone o silhouette se non esplicitamente richiesto ma lascio siano gli oggetti presenti nella scena a parlare e a raccontare chi è stato lì, chi ha fruito dell’ambiente.
Questo è tutto!
Spero che questo “making of” sia stato interessante e di vostro gradimento: mi auguro che questo mio semplice contributo possa essere una piccola ispirazione per i vostri progetti futuri.
Come sempre, commenti e critiche costruttive sono sempre ben accetti!
Un ringraziamento particolare a Fabio e a Treddi.com per la pubblicazione.
Grazie dell’attenzione e un saluto a tutti.
Alla prossima!
Davide
Instagram @date3dviz
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